"In questi anni Roma è molto cambiata. Io ricordo i vicoli di Trastevere con le vecchiette sulle porte di casa a filare, a parlare e scherzare, i profumi, gli odori, le insegne dei negozietti, tutto molto vero. Ora ci sono queste insegne luminose eccessive… Di notte, uscendo dal locale, torno verso casa facendo la strada che sale al Gianicolo, che roba!, monumenti e strade con Belli, Trilussa, Garibaldi…Le stelle sono sempre belle, ma si stava meglio prima per tante cose".
(Lando Fiorini)


1971, F.Fiorentini - R.Grano, Ed. Di Lazzaro/Portovenere

 

Lando Fiorini nell'immagine di copertina dell'album "Io e... Roma"

 

 

Nel maggio 1971 uno sceneggiato con Ugo Pagliai e Carla Gravina incatena gli italiani davanti alla televisione: si tratta di 'Il segno del comando', vicenda misteriosa con sapienti tocchi di occulto, sullo sfondo di una Roma presentata in una insolita veste "magica", nella quale passato e presente si accavallano.

Sigla finale del programma, alle cui cinque puntate domenicali assiste una media di 15 milioni di spettatori, è una canzone che alleggerisce la sinistra tensione del racconto, con un romanesco che ribadisce il ruolo di protagonista che la "Città eterna" svolge nella trama. Pagliai ha recentemente ricordato che "i fan organizzavano pellegrinaggi nei luoghi dove fu girata la serie: via Margutta, Trastevere, Trinità de' Monti, i vicoli dietro Botteghe Oscure, le catacombe di piazza Sonnino che non conosce nessuno. Daniele D'Anza, l'autore, aveva fotografato anche una Roma inedita. Ma fu l'insieme di tante cose a funzionare, compresa la musica di Romolo Grano: 'Cento campane', la sigla se la ricordano tutti, divenne popolarissima".

La canzone veniva interpretata da Nico dei Gabbiani, cantante noto per l'exploit di 'Parole' (in testa alla hit-parade nel 1967). Ma ad imporla come un piccolo classico fu Lando Fiorini, diversi mesi dopo. Ricorda il cantante e attore romano: "Alla fine della trasmissione la cantava Nico dei Gabbiani, e sul momento - con tutto il rispetto per Nico, per carità - non riscosse un successo travolgente. Io la incisi poco dopo lo sceneggiato, in uno dei miei dischi. Ma fu quando la proposi a Canzonissima del 1973 che la feci davvero mia. Fu in quella occasione che la gente cominciò ad associare questo brano, che già aveva nelle orecchie grazie allo sceneggiato, a me come interprete". A riprova di quanto afferma Fiorini, basti pensare che recentemente la casa discografica Ricordi ha pubblicato una compilation intitolata "Tele Ricordi", con le più popolari sigle televisive degli anni '60 e '70; a fianco delle versioni originali del 'Tuca tuca' e 'Sandokan', c'è una "intrusa": la versione - non originale - di 'Cento campane', proposta appunto nella più celebre interpretazione di Fiorini. Il quale commenta: "Probabilmente per interpretare questo tipo di canzone risulto più credibile di Nico, che mi pare non sia romano. Ogni volta che incontro gli autori del pezzo, mi dicono: ma perché non abbiamo pensato subito a te, avremmo avuto subito un successo enorme… Ed io devo dire che oltre ad essere uno dei brani che la gente mi chiede di più, è una delle canzoni che più mi piacciono: il testo è molto carino, perché dice delle cose vere, ovvero che la verità fa male. E poi la musica è molto bella perché è una melodia romana ma italianizzata, cosa che succede anche per altri brani immortali, come 'Roma nun fa la stupida stasera', ed altre canzoni che riescono ad essere popolari pur uscendo dai canoni, ad esempio, dello stornello. E', come dire, romana col frac!".