Furono molti, comunque, i tentativi di dare un nome al nuovo modo di ballare e, nei primi anni Sessanta, si assiste al fiorire di versioni diverse, spesso legate a una canzone.
Una delle prime derivazioni del rock'n'roll fu il twist, dall'inglese "torcersi", "dimenarsi". La sua prima apparizione fu nella commedia musicale West Side Story. Chubbi Checker la lanciò nel 1962 con "The twist" e "Let's twist again"; arrivarono poi i successi dei Beatles "Please please me" e "Twist and shout"; "Speedy Gonzales" cantata da Pat Boone. In Italia le canzoni più popolari furono "Stai lontana da me" di Adriano Celentano, "Tintarella di luna" e "Una zebra a pois", lanciati da Mina, "Guarda come dondolo" di Edoardo Vianello, "St. Tropez Twist" e la stessa "Speedy Gonzales" cantate da Peppino di Capri.


Lo shake

Anni 60: Caterina Caselli balla su una spiaggia

L'altro filone musicale che ha dato vita a un'infinità di balli è quello latino-americano. Uno dei primi fu il cha-cha-cha, un ritmo sincopato che alcuni fanno derivare dal mambo, altri direttamente dal danzón cubano. Diffusosi in America intorno agli anni Cinquanta, in Italia apparve nel 1959 con "Dracula cha cha", brano scritto da Maresis e Bighetti e interpretato da Renato Rascel, ma vide il boom solo nei primi anni Sessanta, grazie alla coppia Xavier Cugart-Abbe Lane, che lo portò in televisione. "Cha-cha-cha della segretaria", di L. Pepe, cantata da Michelino e da Luis Prima, fu tra i successi italiani del 1962.

Il tango era già conosciuto in Europa fin dagli anni Venti, grazie soprattutto a Carlos Gardel, ed ebbe nuova popolarità negli anni Sessanta e Settanta con Astor Piazzolla e le celebri interpretazioni di Milva. A guardare i titoli della canzoni con la parola "tango", se ne trovano almeno una ventina. Basti, per tutte, "Tango italiano" (1962).

E' tra il 1965 e il 1966 il momento d'oro dei balli. Solo in questo periodo, infatti, ne verranno lanciati più di una dozzina, anche se non tutti resteranno famosi.
Oltre a quelli di derivazione rock, ci sono anche recuperi di balli tradizionali di altre culture europee, come il sirtaki. Il celebre ballo popolare greco era arrivato in Italia nel 1965, insieme al film Zorba il Greco, con Anthony Quinn e Irene Papase, di cui Mikis Thoedorakis aveva composto la colonna sonora. In una serata in un locale notturno milanese, Marisa Del Frate lanciò una versione del ballo, presentandolo poi alla trasmissione televisiva La Trottola. Subito dopo incise il disco "La danza di Zorba", ma la versione più famosa rimane quella interpretata da Dalida, che nel 1966 conquisterà le classifiche dei 45 giri.

Di origine sudamericana è anche l'hully-gully, un ballo di gruppo che nasce da una variante della samba.
In Italia diventa popolare con alcuni celebri brani di Edoardo Vianello: "Hully gully in dieci", "Abbronzatissima" (1963) e soprattutto "I watussi", boom dell'estate 1964.
Si attinge anche alla tradizione più classica, come il letkiss, una versione moderna della polka, che venne resa famosa in Italia nei primi anni Sessanta dalle gemelle Kessler, nella trasmissione televisiva Studio Uno ("Lasciati baciare con il letkiss").


Simile al ritmo del rock era invece il surf, un ballo collettivo che prendeva nome dal surfing sulle onde dell'oceano, uno sport polinesiano che negli anni Sessanta stava diventando molto popolare in America.
In Italia provarono a diffonderlo nel 1964 Rita Pavone, con "Datemi un martello" e Catherine Spaak con "L'esercito del surf", ma il successo rimase limitato.

Anche il "geghegè", lanciato da Rita Pavone nel 1966 nella trasmissione Studio Uno, è a ritmo di shake. Ecco come lo definisce Rita Pavone in un'intervista a Bolero.
"Cos'è il geghegeghege?"
"Un po' un canto di guerra e un po' un canto di allegria o, se vogliamo semplificare le cose, soltanto la sigla musicale di Studio Uno. Comunque lo si prenda, però, questo "geghegeghege" avrà la funzione di un vero e proprio biglietto da visita. Un po' insomma come il "Dott." O l'"Ing." davanti al nome. Solo che, invece di indicare una professione, specificherà, perché lo si sappia subito, che stavolta Studio 1 sarà soprattutto dedicato ai giovani".

Era insomma uno dei segnali che i giovani erano il nuovo pubblico della televisione e i protagonisti della vita sociale di quegli anni. Come quella del charleston, però, la generazione che seguì non ebbe molto tempo per ballare. Tra gli ultimi tentativi degli anni Sessanta di proporre canzonette facili e ballabili, citiamo il "Ballo di Simone", cantata nel 1968 da Giuliano e i Notturni, che era la traduzione italiana di "Simon Says", del gruppo americano Fruitgum Co.


C'erano poi i balli che non si rifacevano ad alcun genere particolare:" il ballo della bussola", presentata da Dino al Cantagiro del 1965 e riferito al noto locale della versilia;"il plip", dalla canzone omonima di Rita Pavone, o il grab, un ritmo veloce che si alterna a un ritmo lento, inventato da Adriano Celentano con la canzone "La festa".
Insieme al 33 giri che conteneva la canzone, vennero messi in commercio anche "i bracciali grab" che, secondo lo stesso Celentano "...sono due bracciali portafortuna e vale la pena di portarli con sé. Due fidanzati si sentono più uniti con il Grab. Con il Grab, da un flirt può nascere qualcosa di molto serio".
Peccato che manchino le statistiche per confermare il dato.

Il 66 è l'anno che vede battezzare lo shake. Su ritmo rock, lo shake non aveva dei passi e veri e propri, ma ebbe il suo momento di gloria grazie a Caterina Caselli, che inventò il famoso "movimento a gomitolo" delle braccia e a Patty Pravo. Il Piper fu il suo sacrario, dove nacquero innumerevoli, effimere varianti. Fra le canzoni, "I ragazzi dello shake"; cantata da Gianni Morandi.