
Sergio
Caputo



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Balzato
a improvvisa e un po' inaspettata popolarità nel giro di poche
settimane nel 1983, l'anno successivo Sergio Caputo abbandona il lavoro
di art director in un'importante agenzia pubblicitaria e si misura con
la vita del musicista professionista.
"All'epoca non mi aspettavo che la musica diventasse la mia carriera.
Intendiamoci, non voglio dire che avevo un approccio da dilettante: sinceramente,
consideravo la musica talmente importante che 'esercitarla' come professione
mi sembrava riduttivo".
Incisi i primi due album in rapida successione, all'inizio del 1985 si
imbarca nel suo primo tour. L'accoglienza è trionfale, e la collaborazione
con i musicisti (in particolare il chitarrista Roberto Nannetti e il sassofonista
Giulio Visibelli, tuttora al suo fianco) proficua. Durante il tour, Caputo
compone molti nuovi brani - cosa che fa molto piacere alla sua casa discografica,
che insiste per avere il più rapidamente possibile il suo terzo
album nei negozi.
Tuttavia, inizialmente 'No smoking', uscito in ottobre, spiazza i critici
che pochi mesi prima, di fronte al brio sfoggiato dal musicista romano
nella ritmica e nei testi, si erano precipitati a investirlo, assai impropriamente,
dell'eredità di Fred Buscaglione ("musicista straordinario,
ma con cui ho poco a che fare"). Le prime venature di jazz che appaiono
nell'album, a partire dal singolo 'L'astronave che arriva', portano a
recensioni come quella di Gino Castaldo su 'La Repubblica': "Caputo
stenta a trovare la felice intuizione dell'esordio, ovvero quel 'Sabato
italiano' che, con rapido passaparola, divenne un divertente slogan delle
notti romane e milanesi". Tuttavia, il critico si avvede dei primi
segnali di maturazione artistica di Caputo: "La strada imboccata
non è delle più facili, se è vero che è più
facile fingersi poeti narrando di amori strappalacrime e dubbi esistenziali,
piuttosto che scegliere l'ironia, il calembour intelligente. Uno dei pregi
di questo nuovo disco di Caputo è quello di essere andato molto
avanti nella fantasia della scrittura, perfezionando la tendenza ad introdurre
nella canzone un vocabolario ricco e insolito".
Dato il successo dell'album, che supera le vendite dei precedenti, il
fatto che 'L'astronave' non decolli nella classifica dei 45 giri di fatto
ne sottolinea la capacità di invogliare il pubblico ad acquistare
l'intero 33 giri per scoprire cos'altro ha da dire il cantante. Peraltro,
con un singolo piacevole ma sicuramente privo di impatto radiofonicamente
immediato come 'L'astronave che arriva', Caputo si dimostra più
coerente col proprio credo, ovvero fare intrattenimento raffinato con
le sonorità che più ama, di quanto non gli venga riconosciuto
in virtù della sua non ascrivibilità al filone "impegnato".
"Una domanda che mi fanno spesso è perché non scrivo
mai canzoni a contenuto sociale... Ma perché, sentite la mancanza
di qualcuno che lo faccia? Comunque propongo il riascolto di album come
'Sogno erotico sbagliato' ed 'Egomusicocefalo', o di brani come 'L'astronave
che arriva', perché ho l'impressione che a qualcuno sia sfuggito
qualcosa...", conclude il musicista.
In effetti il brano sembra voler indicare, con ironia e leggerezza, alcune
delle inquietudini che si annidano sotto la "voglia di superficialità"
degli anni '80. Come dice l'autore, "L'astronave è un brano
che parla della Grande Utopia, bella in astratto, ben più complicata
da realizzare. E nell'attesa che la Grande Utopia si realizzi da sola,
viviamo vite confinate nel quotidiano, accontentandoci di sogni a volte
ermetici (vedi la citazione di Montale) a volte più romantici -
'Verrò con te, dovessi farlo di mestiere' - nella convinzione che
spesso l'amore è la sola certezza alla quale aggrapparci... Fino
al giorno in cui, distratti dal 'festeggiare eroi leggeri' ci rendiamo
conto che l'astronave (cioè l'utopia di un mondo migliore, diverso)
è già passata e ci dobbiamo accontentare di emozioni più
omologate".
Con l'andare del tempo il brano ha ottenuto giustizia, diventando un
piccolo classico - oltre che il brano più noto di Caputo in Europa,
grazie al prolungato utilizzo nello spot pubblicitario di una nota marca
di caffè italiano.
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