1977, G.Bigazzi - U.Tozzi, Ed.Melodi

 

Nel 1977, due frasi di 'Ti amo' lasciarono a bocca aperta il pubblico.

La prima era "Tremo davanti al tuo seno". Oggi ovviamente un'immagine del genere risulta pressoché casta, ma a metà degli anni '70 ogni allusione al corpo femminile era fortemente avversata sia dalla censura di ispirazione cattolica che dalle femministe (le quali inorridivano anche per 'Fammi abbracciare una donna che stira cantando') . E tuttavia tale, vibrante sensualità scompariva di fronte a uno dei versi più arditi della canzone italiana: "Apri la porta a un guerriero di carta igienica". Le interpretazioni si sprecarono, e alla fine dall'ermetismo si passò (come spesso succede…) all'umorismo. In tempi recenti è stato addirittura lanciato un "Premio Guerriero di Carta Igienica" per incoronare "il verso più assurdo del pop italiano": ("…la fantasia di allora ci portava a immaginare un alfiere fatto di rotoli Scottex che impugnava minaccioso un Asciugone Regina mentre bussava a una porta", ha spiegato il sito Clarence.com, fautore dell'iniziativa).

Meno divertita l'opinione dell'Osservatore Romano, sul quale Giampaolo Mattei ha stigmatizzato, nel 1997, la comparsa della fatidica frase su un libro di testi di canzoni pubblicato dagli editori cattolici Pps e Ave: "Si deve constatare tristemente che la cultura del nulla ha letteralmente stravinto. Il problema è che in questa proposta editoriale non c'è malafede. C'è ignoranza, nel senso etimologico del termine, di cultura musicale e di arte. Ma è proprio necessario che si ripropongano canzoni come 'Ti amo' (1977) di Umberto Tozzi (che vanta intuizioni geniali come 'Apri la porta a un guerriero di carta igienica...') o i brani degli 883, veri campioni del vuoto?"
Giancarlo Bigazzi, coautore dei brani di Tozzi dal 1976 al 1994, è certamente un paroliere che ha spesso subito ironie ed accuse (tanto che alcuni degli sfoghi cantati di uno dei suoi ultimi partners artistici, Marco Masini, sono da considerare in parte suoi). Interessante una sua dichiarazione a proposito del suo lessico: "Se le mie canzoni viaggiano molto volentieri all'estero è per il gusto che ho per il suono - dalla melodia, all'appiccicarci sopra delle parole che abdicano apparentemente alla poesia, alla profondità letteraria, che poi sarebbe tutto un discorso da vedere… Tutto questo crea un suono che rende la lingua italiana, attraverso un piccolo miracolo di orologeria, di ingegneria microscopica, simile alla lingua inglese. E' una fatica improba, un gioco durissimo, che quando riesce però da grossissime soddisfazioni. Il testo è la cosa più difficile, laboriosa: occorre parecchio tempo. Io sono quello che tutto sommato stende i pezzi, perché alla fine mi assumo anche la responsabilità, con un pizzico di coraggio in più degli altri". (da "Fare Musica", ottobre 1989).