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1947, D.Olivieri-Nisa-P.Redi, Ed.Suvini Zerboni



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Il mandolino

Questo brano del 1947 comincia con una introduzione quasi cinematografica:
"I personaggi di questa canzone ve li hanno inventati gli autor…se c'è attinenza con delle persone, scusate, gentili signor". In effetti, poche cose nella canzone non sono inventate: una di queste è il fatto che nei dintorni di Forlì c'è un notevole numero di castelli o "rocche". Fu questo particolare, reale, a suggerire agli autori una vicenda che di realistico ha ben poco: quella di Eulalia Torricelli, che poteva contare su un "castello per dormire, uno per mangiare, uno per amare la guardia forestale De Rossi Giosuè". A cantare le sue imprese fu Gigi Beccaria, piuttosto versato per le canzoni disimpegnate (cantò ad esempio "Dove sta Zazà"), che inopinatamente decise di abbandonare il mondo della canzone poco dopo il grande successo di "Eulalia Torricelli".

Gli autori del brano erano sulla breccia da parecchio tempo: nel 1937 Dino Olivieri aveva composto, insieme a Nino Rastelli, "Tornerai", brano che sarebbe stato ripreso anche da Bing Crosby e Frank Sinatra. Nello stesso anno Gino Redi e Nisa (pseudonimo di Nicola Salerno) ottennero un discreto successo con "La bambola rosa"; l'accoppiata Redi-Nisa si ripetè nel 1943 con la romantica "Notte e dì". Ma nel dopoguerra, evidentemente, Nisa assecondò la sua inclinazione per un filone più divertito, come provano le sue collaborazioni con Renato Carosone - il grande musicista viene in mente soprattutto quando il coro risponde "Uè!" al nome di Giosuè.

Ma la vera sorpresa arriva nel finale: abbandonata da Giosuè (partito in treno per la Puglia), la giovane Eulalia, dopo aver optato per una forma di suicidio piuttosto rara (inghiotte degli zolfanelli), comunica le sue ultime volontà. "Un castello lo dà a Nisa, un castello lo dà a Redi, un castello, ma il più bello, al maestro Olivieri lo dà". L'assurdità della canzone è svelata apertamente - e vengono svelati anche gli autori: un espediente che ha pochi precedenti (più spesso venivano citati i cantanti: ad Alberto Rabagliati capitò spessissimo, ad esempio in "La famiglia canterina", "Quando canta Rabagliati", o "Quando la radio").

 


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