Ringraziamo Giovanni Panzeri, figlio dell'autore, per la testimonianza e la gentile concessione delle foto pubblicate in questa mostra.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mario Panzeri ha scritto alcune delle canzoni più cantate dagli italiani.
Da "Maramao perché sei morto" a "Nessuno mi può giudicare", da "Non ho l'età" a "Come prima", Panzeri è stato capace di far cantare gente di diverse generazioni e attitudini.


"Scriveva continuamente", ricorda il figlio, "ma quando era a casa con noi cercava di non essere il Maestro Panzeri: in famiglia, era un padre, e non l'autore che lavorava con i divi della canzone. Se uno l'avesse incontrato quando si aggirava per casa, avrebbe pensato che la sua passione, più che la musica, fossero la pesca e le orchidee. A casa si vedevano molto raramente dei cantanti o dei discografici. Non gli piaceva che l'ambiente musicale invadesse casa nostra. Ogni tanto venivano a casa quelli che erano più amici che collaboratori: Pace, Pilat, Gene Colonnello.
Ecco, Pace rispetto a mio padre aveva davvero l'aspetto dell'artista. Lui scriveva e canticchiava: i suoi genitori, pugliesi, lo portarono a casa nostra per raccomandarlo a mio padre. Che invece non amava fare orari strani, viaggiare, vestirsi in modo eccentrico…

Avendolo conosciuto, è strano che abbia corso certi rischi negli anni del fascismo, con canzoni che non potevano non suscitare qualche nervosismo: "Pippo non lo sa", "Maramao perché sei morto", e soprattutto "Il tamburo della Banda d'Affori". Era sicuramente antifascista, ma ha sempre spergiurato che era solo un caso se quei pezzi sembravano irridere il regime...

Quando Tenco morì, nelle poche righe che lasciò prima di suicidarsi, citò 'Io, tu e le rose', che mio padre aveva composto con Pace e Brinniti. Ricordo che il suo commento fu: "Mi dispiace". Un po' laconico, ma credo che esprimesse il suo sconcerto: non poteva concepire il suicidio… per lui ogni giorno portava qualcosa di bello. E non capiva come si potesse morire per la musica.

La cosa che gli faceva più piacere era sentir fischiettare le sue canzoni dal garzone del panettiere. Mi diceva: "Vedi? E' contento di fischiare la mia canzone. Gli ho fatto un piacere, a scriverla". Quando cominciarono a cambiare le cose nella musica leggera, lui non si sentì a disagio: "Deciderà il pubblico", diceva. L'unica cosa che gli dava fastidio era quando sentiva criticare i cantanti che lui considerava bravi. "Un cantante deve essere prima di tutto intonato. Non capisco cosa hanno da criticare Orietta Berti come personaggio: non sentono la voce?" Il suo cantante preferito comunque era Natalino Otto. Gli ho sentito spesso dire: "Se fosse nato negli Stati Uniti, sarebbe più grande di Frank Sinatra" - e per lui era quasi una bestemmia, non gli si poteva toccare Sinatra.

L'unica canzone che probabilmente si rammaricava di non aver scritto lui era "E se domani". Fu l'unico pezzo per cui lo sentii sbilanciarsi: "Porca miseria, questa qui mi piace proprio".