1983, S.Caputo, Ed. Mascheroni/Idiosyncrasy

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La trasmissione televisiva “Mister Fantasy”, condotta da Carlo Massarini su RaiUno, rappresenta un’anomalia nell’infelice famiglia dei programmi dedicati alla musica.
Invece di limitarsi a dare spazio ai numeri uno in classifica o agli artisti “suggeriti” dalle case discografiche, il programma, in onda nei primi anni ’80, va alla ricerca di proposte più nuove ed originali.
   






Così, nel 1983, invece di inseguire i re delle classifiche come ad esempio Gazebo (“I like Chopin”) o Robin Gibb (“Juliet”), decide di dare ampio spazio al romano Sergio Caputo: fondamentalmente uno sconosciuto, anche se nella capitale qualcuno ne ha sentito parlare: “In quel periodo mi esibivo occasionalmente al Folk Studio e al Murales, avevo già realizzato un singolo per la IT e un "mezzo" album per la Ricordi. Ma mi stavo avvicinando al jazz”. Nel giro di qualche puntata del programma, questo trentenne privo del fascino ormonale di Miguel Bosè o Simon Le Bon (ma non privo di stile) conquista l’attenzione del pubblico – e della sua casa discografica, incerta sulle potenzialità di un’artista che ripesca nel mare del jazz e dello swing.
“All’epoca non ero proprio l'ultimo arrivato, avevo già pubblicato delle cose ed ero già piuttosto stimato, anche se considerato poco commerciale”; ricorda Caputo. “Avevo eletto il mio amico Riccardo come produttore (e continuò ad esserlo per un po' ), e lui mi spinse a fare una cassetta ‘demo’ da far sentire in giro. Ricordo che i discografici perplessi non dicevano niente.Il silenzio era imbarazzante”.
Eppure, Caputo vede più in là degli altri: l’Italia dei primi anni ’80 entra rapidamente in sintonia con le sue “storie di whisky andati”: “Un sabato italiano”, che darà anche il titolo al suo primo album, diventa una sorta di inno alla vita notturna nelle “città da bere”.

L’equilibrio tra la vita notturna “maledetta” e la ricerca di una certa eleganza,
accompagnata da testi guizzanti, richiamano più di un paragone con Fred Buscaglione – ma Caputo (come gli inglesi Joe Jackson e Carmel, e i più accattivanti e commerciali Matt Bianco) è innamorato del jazz. Secondo Mario Luzzatto Fegiz del “Corriere della Sera” il cantante romano usa “lo swing come arte della seduzione elegante ma anche come veicolo di ironia. Al suo esordio Caputo è stato capace, con grande successo, di combinare leggerezza formale e ricchezza dei contenuti. ‘Un sabato italiano’ è la fotografia di una realtà a metà strada tra ‘Il sabato del villaggio’ di Giacomo Leopardi e ‘La febbre del sabato sera’ con John Travolta: voglia di divertimento e sapienza delle citazioni (‘Roma felliniana’, ‘Festival dei fiori’). E Caputo canta questa canzone con una scioltezza vocale che le impedisce di diventare solo un'esibizione di acrobazia culturale”.