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1979,B.M.Lavezzi-O.Avogadro-D.Pace, Ed. Sugarmusic

 

 


Il mandolino

 


Alla fine degli anni ‘70 il reggae comincia a dilagare in Italia: prima ancora che il pubblico cominci ad apprezzare Bob Marley, nella nostre hit-parade ha successo Peter Tosh, la cui “Buk-in-hamm palace” è molto ballata in discoteca.

Nel 1979 non sono molti gli artisti italiani che hanno avuto il coraggio di cimentarsi con la ritmica tipicamente giamaicana.
Loredana Bertè, proveniente dal successo di “Dedicato” (scritta da Ivano Fossati) interpreta questo brano scritto da Mario Lavezzi (col quale avrebbe poi fatto coppia dal punto di vista sentimentale) Oscar Avogadro e Daniele Pace. L’affiatato trio, responsabile tra l’altro de “Gli occhi verdi di tua madre” di Sandro Giacobbe, produsse un reggae inaspettatamente convincente, sulla lunghezza d’onda di Tosh e Jimmy Cliff.
Scrive Gianni Borgna in “Storia della canzone italiana” (Mondadori): “In ‘e la luna bussò’ come in ‘Dedicato’, il leitmotiv è sempre quello dell’emarginazione metropolitana. E il loro protagonista pressoché unico è il balordo, lo sballato, il dimenticato, assurto al rango di nuovo eroe positivo”.
La canzone si rivelò uno dei maggiori successi dell’estate ’79: anche se non guadagnò il primo posto in classifica, aiutò l’album “Bandabertè”, il quarto della cantante calabrese, a salire in classifica, e la cantante a guadagnarsi una certa credibilità “live” con il gruppo chiamato, appunto, Bandabertè.
Dopo aver realizzato una versione del brano in spagnolo (“Y la luna llamò”), nel 1997 la Bertè torno ad interpretare “E la luna bussò” insieme a Francesca Alotta.
Nel 1980 la Bertè pubblicò un altro brano scritto da Pace - Avogadro - Lavezzi: “In alto mare”. Purtroppo il sodalizio tra i tre autori fu tragicamente interrotto dalla morte di Daniele Pace. Successivamente Lavezzi e Avogadro scrissero altre canzoni insieme - in particolare per Anna Oxa (“Non scendo”, “Io no”).

 
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