1932, Buti, Ed. Melodi




Una scena dal film "Fratelli"

Carlo Buti, massimo alfiere del canto all’italiana per diversi decenni nonché divo della radio e del cinema negli anni ‘30, viene ricordato soprattutto come interprete – e come stakanovista della canzone.

Tra le migliaia di canzoni da lui registrate con l’inconfondibile timbro tenorile si ricordano “La romanina”, “Chitarra romana”, e, soprattutto, “Faccetta nera”, che portò al successo facendolo diventare l’inno del regime fascista (cosa che gli causò qualche problema a guerra finita).
Ma oltre che cantante, l’artista fiorentino fu anche autore: al suo attivo, in particolare, questo brano del 1932, una delle prime canzoni incise accompagnando il cantato esclusivamente con una chitarra, suonata da un poco più che ventenne Luciano Zuccheri – destinato a diventare negli anni successivi il più importante chitarrista a plettro d’Italia.
In “Canzone amore mio” (De Agostini), Paolo Limiti riporta che ad ispirare il brano sarebbe stata un’ammiratrice di Buti, che si sentì dire che un suo brano le aveva riportato alla memoria il primo amore – che, come nel vecchio adagio, non aveva scordato… anche se poi aveva finito per sposare un altro uomo.
La canzone è stata tra l’altro recentemente utilizzata dal regista Abel Ferrara, accanto a classici del jazz come “Take the A train” e “Body and soul”, per la colonna sonora del film “Fratelli”, del 1996.